Questo opuscolo è dedicato ai genitori di ragazzi adolescenti e preadolescenti, e ai caregiver e operatori che possono essere coinvolti nel loro percorso di crescita.
L’adolescenza è un periodo ricco di trasformazioni dal punto di vista fisico, mentale, emotivo e sociale. Questi importanti cambiamenti possono creare degli squilibri nella normale routine dei ragazzi ed attivare, soprattutto nei momenti di forte stress, dei conflitti con i caregiver e/o delle situazioni di crisi. I genitori/adulti di riferimento possono trovarsi in difficoltà nel gestire la situazione con gli strumenti a disposizione e a cogliere quando si tratta solo di un episodio occasionale e quando invece è un segnale di vulnerabilità più profonda e serve un intervento specialistico.
L’attuale emergenza sanitaria, con le importanti conseguenze che ha comportato per i ragazzi e i loro caregiver, può contribuire ad aumentare significativamente i livelli di stress e le paure delle persone, diminuendone il senso di controllo sulla propria vita e le capacità di resilienza ed amplificando il rischio di esplosione di conflitti e/o di situazioni di crisi cui l’adolescenza è naturalmente esposta, in modo particolare per quei ragazzi che presentano elementi di vulnerabilità.
Questo documento vuole essere una guida per aiutare a comprendere meglio che cosa accade all’adolescente nei momenti di crisi e può dare strumenti utili per gestirla o prevenirla.
Si può trovare in questo documento:
- Una breve introduzione sull’adolescenza, le sue caratteristiche e le modalità relazionali
- La spiegazione di che cosa è una crisi e che cosa succede mentre si manifesta
- Quali possono essere i fattori scatenanti e i segnali di allarme
- Le fasi del ciclo della crisi e le strategie per gestirla
Approfondimenti:
Box 1 – CRISI AI TEMPI DEL COVID 19
Box 2 – METTERSI IN SICUREZZA
Box 3 – ASCOLTO, COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE
Box 4 – TROVARE INSIEME LE SOLUZIONI
Box 5 – PIANO CRISI
L’ADOLESCENZA: CAMBIAMENTI E SFIDE
L’adolescenza è una fase delicata, caratterizzata principalmente da due grandi cambiamenti: il primo è il cambiamento che interessa il corpo e le emozioni con l’ingresso nella pubertà. Il secondo è il desiderio di distacco dai genitori, con l’intensificarsi dei rapporti con i coetanei, la voglia di novità e di sperimentazione. Tali trasformazioni che avvengono a livello mentale, fisico e sociale sono essenziali per la costruzione di una identità adulta. Essi sono legati principalmente a cambiamenti naturali e del tutto normali, che si verificano a livello cerebrale e riguardano una molteplicità di aspetti, dalla memoria al pensiero e al ragionamento, dalla capacità di concentrazione ai processi decisionali, fino alle modalità relazionali con gli altri, ma possono intrecciarsi con vulnerabilità preesistenti, diverse per ciascuna persona. Come ogni momento evolutivo critico, l’adolescenza può comportare anche rischi. Ad esempio:
- la ricerca di sensazioni forti può sconfinare in comportamenti pericolosi e dannosi
- il coinvolgimento sociale con i pari può tradursi in isolamento/rifiuto degli adulti con aumento dei comportamenti a rischio
- l’intensità emotiva tipica dell’età può evolvere in reattività accentuata
- l’esplorazione creativa senza consapevolezza può diventare disorientamento e mancanza di scopo
Gli adulti che accompagnano gli adolescenti nel percorso di crescita possono da un lato facilitare l’emergere di potenzialità e capacità costruttive, favorendo l’espressione dell’individualità e dell’autonomia; dall’altro possono ridurre l’esposizione a possibili rischi definendo regole e limiti protettivi e accogliendo e ascoltando le emozioni e i bisogni sottostanti.
I mutamenti repentini che avvengono in questa fase e le sfide connesse (sviluppo di una identità sociale, emotiva, di pensiero, acquisizione di una propria autonomia) comportano talvolta conflitti tra adulti e ragazzi, che possono sfociare in momenti di vera e propria crisi.
COSA INTENDIAMO PER “CRISI ACUTA”
Per crisi acuta intendiamo una situazione acuta in cui il ragazzo manifesta comportamenti che lo mettono a rischio di fare del male a sé stesso o agli altri. In situazioni di crisi spesso gli adulti sperimentano difficoltà a gestire il momento acuto con le competenze e le risorse a disposizione.
Comportamenti pericolosi per sé stessi e gli altri potrebbero essere:
- Minacce verbali di fare del male a sé stessi o ad altri, con o senza oggetti lesivi
- Verbalizzazione di intenzionalità suicidaria, associata o meno ad agitazione
- Atti di autolesività (ad es. tagli/incisioni sulla pelle, pugni, morsi, colpi contro superfici dure), soprattutto se ripetuti o arrecanti danno importante
- Ingestione intenzionale di farmaci non prescritti o in quantità superiore a quanto indicato, di sostanze tossiche o detersivi, con o senza espressioni verbali di desiderio di morte
- Comportamenti violenti o distruttivi contro oggetti (ad es. distruzione di mobili, lancio di oggetti)
- Comportamento violento e aggressione fisica vera e propria contro altre persone
- Assunzione di droghe o alcol con alterazione dello stato di coscienza
- Crisi di agitazione psicomotoria
La crisi può avvenire in qualunque ambito di vita del ragazzo (a casa, a scuola, al lavoro, in comunità) oppure in un contesto sanitario (in ambulatorio, in Pronto Soccorso, durante un ricovero, etc.), pertanto la gestione della crisi è un tema trasversale che riguarda i genitori ma anche gli operatori/educatori/insegnanti che si prendono cura del ragazzo.
COSA ACCADE DURANTE UNA CRISI
È importante per gli adulti di riferimento sapere che la crisi dipende spesso dall’interazione tra fattori interni del ragazzo (ossia le caratteristiche temperamentali e le fragilità specifiche) ed esterni (la risposta ricevuta dall’ambiente di vita nei momenti di stress). Per gestire i momenti di crisi è importante tenere a mente ed agire su entrambi gli aspetti, con la consapevolezza che il tipo di risposta che fornisce l’ambiente può avere un ruolo molto importante per contenere la crisi oppure ampliare il conflitto e l’escalation.
Durante una crisi accadono una serie di eventi a livello neurofisiologico (figura 1): la persona risponde con un’intensa risposta psicofisica. Il nostro organismo attiva in maniera automatica risposte di fronte ad un pericolo percepito, che può essere sia un pericolo esterno (ad esempio una minaccia di punizione, un’aggressione, una limitazione dell’autonomia), sia una situazione percepita emotivamente come potenzialmente pericolosa. Esperienze quotidiane possono riattivare eventi dolorosi o traumatici precedenti: la verifica di storia può evocare un intenso stato d’ansia collegato a una recente bocciatura; partecipare ad un evento sociale può attivare paura eccessiva collegata ad un precedente episodio di bullismo.

La reazione fisiologica è indipendente dal controllo volontario e dipende dall’attivazione di alcune aree cerebrali coinvolte nei meccanismi della sopravvivenza, quelle più arcaiche. Per garantire infatti una risposta più immediata, il nostro cervello inibisce temporaneamente le aree cerebrali superiori e più evolute, cioè quelle della corteccia (in particolare la corteccia prefrontale), che sono quelle deputate al ragionamento, alla soluzione di problemi, all’autoconsapevolezza.
La conseguenza di tale modulazione è l’attivazione di una serie di risposte automatiche volte a fronteggiare il pericolo, di cui il soggetto può non essere completamente consapevole:
- Risposte “emotive” (ad es. rabbia, paura, ansia/panico, impulsività, aggressività…).
- Risposte “fisiche”, che la persona percepisce nel proprio corpo (battito cardiaco accelerato, respiro corto, tensione muscolare…) o che sono visibili ad un osservatore esterno (espressione del volto tesa, contrazione delle mani a pugno, postura protesa in avanti, mandibola serrata, irrequietezza motoria…);
FATTORI CHE POSSONO SCATENARE UNA CRISI ACUTA
Diverse situazioni possono contribuire a scatenare una crisi, inducendo nell’individuo uno stato di stress, che può essere acuto o cronico ma che comunque sovrasta la sua abituale capacità di affrontare le situazioni con le risorse a disposizione.
Fra questi possiamo considerare:
- Fattori scatenanti riguardanti il contesto di vita, quali ad esempio separazioni dalle figure di riferimento o perdite, periodi di isolamento o quarantena nell’ambito dell’attuale pandemia, discussioni e conflitti nelle relazioni interpersonali con/fra adulti o con i pari.
- Fattori scatenanti inerenti la scuola, quali ad esempio: preoccupazioni riguardanti l’apprendimento e l’andamento delle competenze scolastiche; la sensazione di eccessivo carico di studio, paura o difficoltà correlate al passaggio di ciclo scolastico, esclusione e bullismo da parte dei pari, sospensioni, punizioni o altri provvedimenti disciplinari per problemi di comportamento.
- Altri fattori scatenanti: introduzione/cambiamento dosaggio/interruzione/assunzione non regolare di una terapia farmacologica, interruzione dell’effetto di un farmaco, uso di droghe o alcol, patologie mediche, problemi legali pendenti.
BOX 1: Crisi ai tempi del COVID-19
L’epidemia COVID-19, che si è presentata in modo del tutto improvviso ed è arrivata a sconvolgere le abitudini stabilite a livello individuale e sociale rappresenta un evento che si pone al di là dell’abituale gamma di esperienze ed è capace di travolgere i comuni meccanismi volti a fronteggiare situazioni problematiche, con ripercussioni a livello individuale, familiare e sociale.
L’esperienza del Coronavirus ha avuto, e ha ancora, il potenziale per aumentare lo stress e l’ansia, sia a causa della minaccia del contagio del virus, sia a causa dell’incertezza su come l’epidemia ci influenzerà socialmente ed economicamente.
Molti di noi, compresi gli adolescenti, in questo periodo hanno sperimentato:
- preoccupazione per la sicurezza fisica propria o altrui (timore di ammalarsi, di morire, di contagiare)
- fatica nel mantenere costante l’attenzione rispetto alle strategie di contenimento del contagio
- sentimenti di impotenza rispetto alla possibilità di proteggersi e proteggere i propri cari
- oscillazioni verso il bisogno di minimizzare e di negare il rischio, considerandolo lontano o irrealistico
- dolore per la perdita di una persona cara a causa della malattia
- claustrofobia da “reclusione” o “limitazione” e sentimenti di noia, solitudine, tristezza dovuti all’isolamento
- nostalgia del contatto sociale, ma anche timore di avvicinarsi all’altro nei momenti di interazione con l’esterno
- nostalgia della quotidianità e della libertà di poter frequentare la scuola o il posto di lavoro, di spostarsi liberamente, di incontrare gli affetti – parenti, amici, fidanzati.
Inoltre, le comprensibili preoccupazioni relative alla possibilità di perdere il proprio lavoro e le incertezze economiche degli adulti, gli eventuali problemi di coppia o di relazione intrafamigliare nati da una convivenza “forzata”, le difficoltà di gestione dei figli e delle video lezioni a casa da parte dei genitori sono certamente dei fattori che gli adolescenti possono aver sperimentato indirettamente, attraverso i vissuti degli adulti di riferimento.
A queste si aggiungono le difficoltà dell’adolescente per l’allontanamento improvviso dal gruppo dei pari, l’incertezza rispetto alla chiusura dell’anno scolastico, la mancanza di stimoli e di esperienze gratificanti o la riduzione della privacy per l’inevitabile condivisione di tempi e spazi con i genitori e i fratelli.
Come risposta allo stress sono riportati con maggiore frequenza sintomi depressivi, ansiosi, preoccupazioni persistenti, difficoltà nel sonno (spesso difficoltà di addormentamenti, risvegli precoci associati al rimuginio rispetto a ciò che sta accadendo), irregolarità nell’alimentazione, difficoltà nella memoria, problemi di concentrazione, senso di appiattimento (“affaticato senza fare nulla”), irritabilità, uso di alcol e altre droghe, ma anche aumento della consapevolezza e delle attenzioni verso gli altri, sviluppo di nuove competenze e di iniziative di solidarietà
Il
contesto attuale presenta quindi alcuni fattori che potrebbero scatenare una
crisi acuta: diversi possono essere gli elementi di vulnerabilità e di sofferenza
psichica e diversi gli elementi del contesto che possono innescare emozioni e
pensieri negativi, determinando reazioni disfunzionali fino allo scatenarsi di
una crisi.
SEGNALI DI ALLARME
Se da un lato vi è la possibilità che alcune situazioni di crisi, o più in generale di malessere, si manifestino all’improvviso e in modo inaspettato, nella maggior parte dei casi prima di una crisi possono essere individuati segnali di allarme che indicano uno stato di malessere grave, ad esempio cambiamenti nel comportamento/stato d’animo del ragazzo.
È molto importante che i genitori/caregiver sappiano riconoscere tali segnali per poter intervenire precocemente, evitando di giungere ad una crisi o attivando tempestivamente una richiesta di aiuto specialistico.
Tra i possibili segnali ricordiamo:
- Cambiamenti nell’alimentazione: mangia troppo o troppo poco o in orari disregolati
- Cambiamenti nel ritmo sonno-veglia: dorme tutto il giorno, rifiuta di alzarsi dal letto al mattino, oppure drastica riduzione delle ore di sonno con difficoltà nell’addormentamento, risvegli notturni o risveglio anticipato
- Comparsa di malessere fisico: maggiore frequenza di mal di testa, mal di stomaco o altri sintomi fisici, lamentele rispetto al non sentirsi bene fisicamente
- Difficoltà nella cura personale: non si fa più la doccia, non si lava i denti, non si lava/pettina i capelli
- Cambiamenti dell’umore: tristezza, ansia, rabbia, irritabilità
- Alterazioni del funzionamento abituale in ambito familiare, scolastico, nelle relazioni con i pari, come discontinuità nella frequenza scolastica, calo nel rendimento, instabilità nelle relazioni amicali, isolamento/chiusura, diminuito interesse per attività prima piacevoli o aumento o diminuzione dell’attività abituali
- Comparsa/peggioramento di comportamenti che possono comportare rischi: abuso di alcool o sostanze, frequentazioni di compagnie pericolose, allontanamenti/fughe da casa, autolesionismo, aggressività fisica o verbale verso sé stesso o gli altri
- Episodi di alterazione del contatto con la realtà: presenza di pensieri confusi o idee bizzarre, momenti di distacco dalla realtà circostante, sensazione di sentirsi disconnessi dal mondo o da sé stessi, alterazioni delle percezioni.
FASI DELLA CRISI E IL CICLO DELL’ AGGRESSIVITÀ
La crisi acuta è un evento complesso e multideterminato (fattori scatenanti, stato emotivo del ragazzo in quel momento). Per orientarci è possibile però individuare un ciclo di cinque fasi tipiche che solitamente si susseguono (Figura 2), ognuna caratterizzata da manifestazioni differenti che richiederebbero interventi specifici, utili a ridurre e contenere la crisi.

Fase 1: fattore scatenante (o trigger)
È la fase in cui si evidenziano gli elementi che anticipano la crisi, spesso innescata da fattori scatenanti. Si possono ad esempio osservare cambiamenti nel modo di parlare del ragazzo (tono alto, minaccioso e/o volgare); minacce esplicite o velate; alterazioni nel comportamento (segni di iperattività, aumentata tensione muscolare, agitazione, comparsa di gesti esplosivi). In questa fase è molto importante agire tempestivamente.
Alcuni interventi efficaci possono essere:
- Riconoscere eventuali stimoli che hanno determinato il comportamento aggressivo e attuare la loro rimozione
- Portare il ragazzo in un ambiente più sicuro, tranquillo e meno stimolante, in cui non siano a portata di mano oggetti pericolosi
- Chiedere se possibile l’aiuto di altre persone
- Modulare la comunicazione e la distanza fisica: è utile agire in maniera calma e ferma, non lasciando la persona da sola e modulando la propria distanza fisica da lei, evitando di avvicinarsi troppo
- Controllare la situazione ambientale: fare al contempo un’ispezione visiva per verificare che la persona non abbia con sé oggetti potenzialmente lesivi, ma lasciandogli oggetti che possono calmarlo, se questi non compromettono la sua sicurezza o quella degli altri
BOX 2: mettersi in sicurezza
Quando i segnali comportamentali del ragazzo suggeriscono l’imminenza di una crisi, può essere molto importante valutare se l’ambiente circostante è sufficientemente sicuro. In questi casi, i genitori o le persone presenti in quel momento potrebbero, in modo tranquillo:
- Effettuare una rapida ispezione visiva degli spazi circostanti rimuovendo gli elementi potenzialmente pericolosi, ad esempio:
- Eliminare dalla portata del ragazzo oggetti potenzialmente lesivi, come oggetti taglienti o appuntiti
- Togliere dalla portata dal ragazzo e chiudere sottochiave eventuali farmaci, sia quelli da banco, sia quelli prescritti a lui o alle persone conviventi
- Valutare se evitare l’accesso ad alcune stanze o al bagno, o se togliere le chiavi
- Se si vive ad un piano alto, considerare i possibili rischi e valutare se possibile/utile limitare il libero accesso a finestre, balconi, ballatoi oppure se mantenere un atteggiamento di vigile sorveglianza su tali aree e sul ragazzo
- Valutare la presenza di persone/situazioni che possano rappresentare un elemento di disturbo per il ragazzo ed allontanarle o allontanarlo dalla situazione (ad esempio evitando una stanza particolarmente rumorosa o affollata, o
- Valutare come garantire la sicurezza di altri membri della famiglia, in particolare i bambini più piccoli o gli anziani che vivono in casa
- Valutare risorse esterne che potrebbero in quel momento aiutare a gestire la situazione del ragazzo: altre figure adulte di riferimento, operatori sanitari, vicino di casa/amica cui affidare temporaneamente altri familiari presenti
- Tenere a portata di mano i numeri di telefono dei centri che gestiscono le emergenze e della Polizia locale
- Contattare le figure sanitarie o terapeutiche eventualmente coinvolte nel percorso di cura del ragazzo
Fase 2: escalation
È quella in cui si manifesta una sempre maggiore alterazione emotiva e comportamentale della persona, ancora non arrivata al culmine dell’aggressività. In questa fase solitamente si osserva un aumento del livello di attivazione psicofisica, riconoscibile ad esempio da tensione muscolare, ipervigilanza, irritabilità, aumento del battito cardiaco e della frequenza respiratoria, e della percezione di particolare minacciosità dell’ambiente esterno.
In questa fase è utile applicare strategie relazionali, tecniche di de-escalation, cioè un insieme di tecniche di comunicazione verbale e non verbale volte alla graduale risoluzione di una situazione potenzialmente violenta/aggressiva.
È fondamentale in questa fase mantenere la calma e cercare di ristabilire un contatto con il ragazzo. Alcune strategie e modalità comunicative possono facilitare il ritorno ad una situazione di maggior tranquillità ed equilibrio.
Per una de-escalation efficace può essere utile:
- Prestare prima di tutto attenzione alla sicurezza propria e delle persone eventualmente presenti: mantenere la porta della stanza aperta e/o disporsi in una posizione che consenta di visualizzare e raggiungere le vie di uscita, con le spalle alla porta, evitando di chiudersi in un angolo con le spalle al muro
- Muoversi con calma e con movimenti lenti, mantenendo la giusta distanza dall’altra persona (almeno 1 metro)
- Applicare la strategia del talk down: stabilire un contatto verbale dal contenuto breve e chiaro, utilizzando un tono di voce caldo, calmo e rassicurante; preferire una comunicazione diretta (diretta espressivamente al ragazzo, con l’uso del nome) e positiva (evitare un atteggiamento giudicante o aggressivo)
- Mostrare disponibilità all’aiuto, partendo dall’esplorazione dei bisogni primari (es offrire un bicchiere d’acqua, del cibo, una coperta…)
- Mostrare autentico interesse e rispetto per la condizione del ragazzo
- Dare istruzioni chiare e brevi e spiegare sempre quanto si sta facendo, cercando di ottenere l’assenso del ragazzo alle azioni necessarie e stimolare la sua cooperazione (evitare sfide, minacce o promesse non realizzabili)
- Esplicitare il divieto di agire aggressivamente verso le persone o le cose
- Non polemizzare o contrastare apertamente il ragazzo, non dare ordini, sminuire, moraleggiare, né tanto meno analizzare a fondo la situazione cercando di ragionare sugli accadimenti
- Se necessario formulare domande che prevedano una risposta aperta, ponendo il ragazzo di fronte a diverse scelte possibili
- Favorire il racconto del ragazzo sui fatti, mantenendo un ascolto attivo ed empatico, e assicurandogli che verrà mantenuta la riservatezza su quanto narrato a meno che non ne emergano elementi di pericolo per la sicurezza o la vita
- Prestare attenzione sia al contenuto che al significato di ciò che ci dice la persona, senza interromperla, ma privilegiando un ascolto attivo anche attraverso una comunicazione non verbale che esprima vicinanza
Raccomandiamo di non abbassare il livello di vigilanza fino a quando l’evento critico non sia risolto, in particolare quando si attraversano fasi delicate come: rientro a casa dopo un accesso al Pronto Soccorso e/o nel corso di un ricovero per un episodio di malessere psichico o alterazione comportamentale.
BOX 3: ascolto, comunicazione verbale e non verbale
Nel momento della crisi, la tensione è elevata e le emozioni circolanti sono molto intense. Questo vale anche per genitori, caregiver e operatori: potreste provare rabbia, sconforto e senso di impotenza, profonda tristezza, delusione. È probabile che tutte queste emozioni traspaiano anche dalla vostra postura, dalla espressione facciale e dal tono della voce; così come è possibile che siate portati a reagire con rabbia ai comportamenti/provocazioni dell’adolescente di cui vi state prendendo cura. Tutto questo rappresenta una reazione normale e umana: quando ci si sente in ansia o attaccati o in pericolo si mettono in atto delle risposte immediate di protezione e difesa. Tali reazioni automatiche tuttavia non fanno che accrescere la tensione e comunicano implicitamente al ragazzo che la situazione è fuori controllo, aumentando i sensi di colpa e la sensazione di mancanza di una via di uscita.
La cosa più importante da fare è innanzitutto fermarsi per pochi secondi e prendere consapevolezza di come si sta agendo in quel momento. Potete osservarvi e domandarvi: “Come sto respirando? In modo superficiale o profondo? Rapido o calmo?”, “Come è la mia postura? Tesa o rilassata?”, “Come è la mia espressione del volto?”, “Con quale tono di voce sto parlando? E il volume della mia voce è alto o basso?” Una volta esplorato rapidamente come vi state approcciando alla situazione, riprendere il controllo di voi stessi comunicherà al ragazzo che le persone che ha vicino lo supportano e lo contengono. È possibile seguire degli accorgimenti per modulare le vostre interazioni in tutte le aree della comunicazione (non verbale, verbale, ascolto e contenuti emotivi); conoscere cosa è efficace vi aiuterà anche a comprendere cosa non è utile fare in un momento di crisi.
Comunicazione non verbale
- Prestate attenzione al vostro linguaggio corporeo, cercando di essere accoglienti e calmi e non aggressivi/impauriti (es. braccia abbassate, non incrociate; mani aperte; gesti lenti e delicati; testa inclinata o che annuisce; posizione comoda e rilassata, mantenendo la giusta distanza; voce modulata, prestando attenzione al volume, al tono e all’intensità)
- Cercate di comunicare ponendovi “allo stesso livello” del ragazzo
Ascolto
- Mostrate un chiaro interesse verso l’opinione del ragazzo (per es. stabilire un contatto con lo sguardo/annuire rafforza l’idea che siamo interessati e partecipi; non interrompere l’altro mentre sta parlando gli comunica che per voi è importante il suo punto di vista, ecc.)
- Focalizzatevi soprattutto sulle emozioni prevalenti (paure, convinzioni, angosce correlate all’evento di crisi che si sta affrontando) e sui sentimenti del ragazzo, più che sui contenuti del discorso e sui comportamenti. Ricordate sempre che una persona agitata è prima di tutto una persona spaventata e che si sente minacciata dall’ambiente che la circonda
Comunicazione verbale
Una volta che siete riusciti a mantenere la calma e l’autocontrollo e ad ascoltare il ragazzo, cercate di riaprire un canale comunicativo. È importante ricordare che, quando si è ancora nel pieno della crisi, le capacità di recepire i messaggi, di ragionare e di trovare soluzioni sono molto ridotte: non usate razionalità e logica in quel momento. In questa fase, più delle parole conta il modo in cui parlate, l’atteggiamento generale e la vostra capacità di cogliere le emozioni sottostanti ed entrare in contatto con esse. Tutto questo contribuisce a trasmettere all’adolescente di cui vi prendete cura la sensazione che ci siete, che avete fiducia in lui e che si può uscire insieme da quella situazione.
- Stabilite un contatto verbale con il ragazzo
- Usate un tono di voce caldo e rassicurante
- Usate frasi brevi, semplici e dal contenuto chiaro
- Sottolineate la disponibilità all’aiuto e alla ricerca di una soluzione comune
- Formulate domande aperte
Rispettate il punto di vista del ragazzo, evitando le contrapposizioni: non interrompetelo mentre sta parlando; non polemizzate o contrastate apertamente con lui: rispondete con un ‘sì’ e introducete solo successivamente delle limitazioni; cercate di abbandonare una visione di tipo “o/o”, adottandone una del tipo “sia/sia”, che rispetta gli altri punti di vista (due idee opposte possono essere vere allo stesso tempo e, se considerate insieme, possono creare un nuovo modo di vedere la situazione).
Fase 3: fase critica (acting out)
É la fase di attivazione completa, caratterizzata da una perdita pressoché totale degli equilibri psicoemotivi della persona. In questa fase il ragazzo può mettere in atto dei comportamenti esplosivi e deliberatamente violenti, con potenziali conseguenze fisiche e psicologiche su di lui o chi gli è accanto.
In questa fase devono soprattutto essere attivati interventi mirati a garantire la protezione e la sicurezza dell’adolescente e delle persone presenti. Se la situazione appare eccessivamente pericolosa e ingestibile è necessario uscire dalla stanza, allontanarsi e chiamare aiuto.
Se il ragazzo appare gravemente agitato e fuori controllo con rischio di gravi agiti contro di sé/altri, i genitori/caregiver devono considerare altri tipi di contenimento (chiamare il Servizio che segue il ragazzo, chiamare il 112, le Forze dell’Ordine, proporre una terapia al bisogno se già prescritta dal medico)
Fase 4: recupero (recovery)
Superata la fase critica, si osserva un graduale ritorno ad un equilibrio psicoemotivo. È una fase molto delicata, perché può persistere un livello di attivazione fisiologica ancora elevato e il ragazzo rimane ancora reattivo rispetto ad eventuali nuovi fattori scatenanti.
In questa fase riteniamo pertanto fondamentale:
- Evitare stimoli, rimproveri o giudizi che potrebbero costituire nuovi fattori scatenanti e innescare nuove escalation
- Evitare eccessive stimolazioni verbali, continuare invece a mantenere una modalità relazionale empatica, sfruttando le strategie di talk down e di ascolto attivo; consigliamo di mantenere una distanza di sicurezza
- Evitare di rielaborare quanto accaduto: il ragazzo potrebbe non essere ancora in grado di comprendere razionalmente ciò che gli è successo
Fase 5: rielaborazione
In questa fase si osserva un ritorno completo all’equilibrio psicoemotivo. Spesso è possibile osservare un calo del tono dell’umore e comparsa di sentimenti di colpa, vergogna, rimorso da parte del ragazzo. Questo perché c’è maggior accesso alla consapevolezza e quindi alla possibilità di elaborazione di quanto accaduto. In questa fase è quindi possibile un confronto fra il caregiver e il ragazzo, sia per ragionare sull’episodio critico sia per prevenire futuri episodi simili.
BOX 4: trovare insieme delle soluzioni
Al termine della crisi, quando la situazione è maggiormente sotto controllo e siete riusciti a rientrare in sintonia, o in un momento di maggiore calma, provate a ragionare con il ragazzo su quanto è accaduto e cercate di trovare soluzioni insieme.
- Provate ad esplorare che cosa è accaduto e che cosa ha contribuito a fargli perdere il controllo
- Mettetevi in discussione: anche noi adulti possiamo commettere errori di valutazione! Non dobbiamo per questo sentirci in colpa, ma possiamo fare tesoro degli errori per evitare di ripeterli in seguito
- Chiedete ai ragazzi di provare a trovare delle alternative, cercando soluzioni insieme in modo partecipativo e collaborativo
- Considerate solo scelte possibili ed evitate promesse di fatto irrealizzabili, ad esempio concessioni ad eventuali minacce o “ricatti”: darebbero al ragazzo la sensazione di potervi controllare o manipolare
- Negoziate con il ragazzo sul tema regole e limiti, spiegandogli le possibili conseguenze qualora non riusciate a trovare insieme un accordo che salvaguardi la sua e la vostra protezione
- Spiegate sempre in anticipo che cosa intendete fare: ciò che è inaspettato può generare ansia improvvisa
- Se il ragazzo è seguito da uno specialista valutate con lui l’utilità di definire insieme un piano crisi (vedi di seguito)
Se la situazione torna fuori controllo, fate un passo indietro e applicate di nuovo le strategie di de-escalation.
BOX 5: piano crisi
Il piano crisi (vedi esempio PIANO CRISI*, alla fine del documento) è uno strumento utilizzato e co-costruito con ragazzi, operatori sanitari e familiari.
È un piano pragmatico, individualizzato e elaborato su misura per ogni nucleo famigliare al fine di
- Prevenire e/o ridurre il rischio di danno e di situazioni pericolose per il ragazzo/altri (famiglia/contesto)
- Gestire nel qui ed ora i comportamenti problema
- Promuovere comportamenti protettivi, l’esplorazione/attivazione di risorse (interne ed esterne), favorendo l’emergere di nuove abilità di gestione intrafamiliare
Il piano è costituito principalmente da tre parti:
- Contatti e risorse: contiene i dati anagrafici e clinici del ragazzo (compresa, se presente, la terapia farmacologica con la relativa posologia) e le risorse individuate dallo stesso da contattare in caso di crisi (contatti telefonici dei clinici/persone di riferimento per il ragazzo e del servizio di emergenza)
- Obiettivi e azioni: contiene gli obiettivi che la persona vuole raggiungere nel breve/medio termine e le azioni necessarie per raggiungerli. La definizione di obiettivi e strategie è frutto di un lavoro condiviso fra il clinico e il ragazzo che partecipa attivamente
- Comunicazioni utili per operatori, dal punto di vista del ragazzo e della famiglia: esplora il significato della crisi per il ragazzo e per i genitori/caregiver, come è possibile riconoscerla, quali sono le strategie da mettere in campo o meno, quali le preferenze del ragazzo e dei genitori/caregivers nella gestione della stessa.
Essendo condiviso con la famiglia, rappresenta un primo passo per favorire un pensiero condiviso su come affrontare le situazioni problematiche, riattivando nella stessa delle risorse e/o promuovendo nuove abilità.
Generalmente
viene completato entro le prime 24/48 ore di conoscenza del ragazzo/a per poi
essere aggiornato e modulato continuamente durante il percorso di cura.
*Esempio PIANO CRISI
PIANO PER LA PREVENZIONE E LA GESTIONE DELLA CRISI SCHEDA DI PRESENTAZIONE DEL RAGAZZO |
NOME E COGNOME |
DATA DI NASCITA |
RESIDENZA |
Nome genitore/tutore |
Nome genitore/tutore |
Sviluppato dall’Equipe della Unità Operativa di _________________________ in data: XX/XX/XXXX iniziale X revisione condiviso con: ___________________ ______________________ ___________________ ______________________ |
Contatti utili per Operatori PS: Medico NPIA di turno: xxx.xxxxxxx Terapeuta Individuale: ___________________ ______________________ tel. xxx.xxxxxxx reperibile 8-17 lunedì-venerdì Medico NPI di riferimento: ___________________ ______________________ tel. xxx.xxxxxxx reperibile 8-17 lunedì-venerdì |
Contatti e risorse individuati dal ragazzo/a e dalla famiglia ……………………………….……………………………………………………………………… tel…………………………………….. |
Numeri di emergenza: Ambulanza: 118; Pronto Soccorso: tel. 02 xxxxxxxxxx(nome ospedale di riferimento) Polizia: 112; Carabinieri: 113 |
Terapia in corso: Carbolithium 450 mgX2 Sertralina cp: 100 mg al mattino Al bisogno se ansia: diazepam 10 gtt (max: 20 gtt in un giorno) |
PIANO DI SICUREZZA |
Obiettivi del piano rimanere in vitanon farmi malechiedere aiuto (a casa alla mamma dicendo che non sto tanto bene, provare altre strade tra cui rivedere se usare telefonata/sms a terapeuta)calmarmi (Obiettivi attuali: essere meno agitata e con meno pensieri, riprendere a suonare, continuare a disegnare e ascoltare musica) |
Azioni |
COMUNICAZIONI UTILI PER GLI OPERATORI
(punto di vista del ragazzo)
Cosa sento quando sono in crisi (manifestazione clinica):
mi sento molto arrabbiata o molto triste o il vuoto (assenza di emozioni, sensazioni fisiche di peso sul petto e nella pancia), con ansia forte e confusione nei pensieri; i pensieri che arrivano sono pensieri di giudizio negativo, critica e autosvalutazione, preoccupazioni per il futuro; mi viene da sdraiarmi e non fare niente (non ascoltare musica, no attività, no contatti) oppure farmi male (alle mani, alle dita e tagli, testate).
Prima della crisi: i) non succede niente di concreto all’esterno ma dentro di me ci sono preoccupazioni riguardanti il futuro o pensieri di giudizio nei miei confronti; ii) devo affrontare situazioni sociali o prestazionali, la crisi può avvenire prima/durante/dopo e durante è più lieve
Le mie priorità in una crisi (possibili obiettivi dell’intervento in PS):
A casa: Che i miei genitori capiscano che sono in un momento di crisi e non contribuiscano alla crisi (evitare troppe domande, di essere pressanti, chiedere “c’è qualcosa che posso fare?”): Chiedermi di prendere la terapia al bisogno concordata, Ricordarmi cosa posso fare per ridurre l’ansia: es. bagnare il viso, testa, polsi, collo con acqua fredda; oppure camminare.
In PS: evitare di andare in PS, aiutarmi con la terapia, evitare contenzione
Cosa mi è d’aiuto quando mi sento in crisi:
Soprattutto quando non mi viene da fare niente → analizzare i pensieri e controllare i fatti
Respirare 3-6 secondi, Quando sono più agitata –> TIPP (ghiaccio/acqua fredda)
Oltre alle cose di prima, provare a distrarmi: ascoltare musica, disegnare, camminare
Tipo di trattamento che preferirei ricevere (tipo di intervento; alternative all’ospedalizzazione, trattamento farmacologico, eventuale coinvolgimento di amici e familiari…):
I genitori non siano in ansia;
Preferenza per non accesso in PS → aiutare a fare la TIPP e quali sono i fatti in modo oggettivo.
Tipo di trattamento che preferirei NON ricevere, cosa NON mi è d’aiuto:
Non è di aiuto che le persone mi stiano sempre addosso o mi facciano troppe domande, NON ESSERE TOCCATA (mi fa agitare di più)
Se potessi accedere ad alcune facilitazioni/strutture o attività gradite cosa sceglieresti (scuola, animali domestici, ecc):
Ipotesi disegnare/attività artistiche
COMUNICAZIONI UTILI PER GLI OPERATORI
(punto di vista dei genitori)
Cosa aiuta me o la mia famiglia quando mio figlio è in crisi:
Contatto con medico NPI della xxxxxx per la gestione migliore della terapia al bisogno
Le mie priorità quando mio figlio è in crisi:
Che non si faccia del male e che sia ridotto il più possibile il rischio di gesti autolesivi
Tipo di trattamento che preferirei ricevesse mio figlio:
Dal punto di vista farmacologico: terapia al bisogno con effetto sedativo rapido se presenta agiti autolesivi (es. battere la testa contro il muro)
Tipo di trattamento che preferirei NON ricevesse mio figlio:
Contenzione fisica
Se potessi essere contattata/o immediatamente in caso di crisi di mio figlio/a per favore contattate:
Mamma tel. xxx.xxxxxxx
Papà tel. xxx.xxxxxxx
Informazioni aggiuntive, bisogni o richieste:
Non allergie alimentari o a farmaci note.
Non problemi di salute noti.
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